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M. Baxter, J. Brummell and I. Snowball - Ready Steady Girls (The other half of Mod equation) - Mono Media Publishing - Libro

E' uscito finalmente questo fantastico libro a "progetto crowfunding"; ovvero si chiedono i soldi in anticipo per un certo numero di copie e quando si raggiunge la quota per poterlo pubblicare, lo si porta alla casa editrice. Ora finalmente sono uscite le famose mille copie numerate (la mia è la 343 di 1000 naturalmente) ed è il frutto di due anni di interviste da parte dei tre relatori del manoscritoo: Mark Baxter, Jason Brummell e Ian Snowball, a molte delle Mod girl più influenti dal punto di vista stilistico o con una discreta dose di partecipazioni ad eventi della scena 60's/Mod europea. Si hanno quindi quì le interviste ed i contributi fotografici di Clelia Lucchitta di Milano, di Mocky Marzan De Cabo di Leon, Samantha Messer di Londra e molte altre ragazze italiane, spagnole ed inglesi. Sono i loro punti di vista sulla "scena Mod" e quello che percepiscono di un universo che a volte viene dato per scontato molto più aderente al versante maschile che a quello femminile. Insomma qui vi sono le foto delle mod girls dei 60's, degli 80's, dei 90's e perchè no anche dei 00's. Ottimo libro interessantissime le interviste e consigliato anche ai maschietti della "scena".

Scasso  18/10/2016


Aunt Nelly - Photograph - Confidential Rec. - CD

Dopo ben otto anni di attività questa band di Londra esce con il loro 4to lavoro (o il 3zo album se si vuole escludere la raccolta: "The best of...."). Bisogna dire che gli ex mebri dei Clique e dei Knave sono sempre a loro agio quando si parla di sonorità british R'n'B o freakbeat. Sono nella scena Mod, da che io ricordi, da circa 30 anni, era il lontano 1991 quando uscì il primo 45 dei Clique la cui copertina scimmiottava l'altro 45 giri più famoso degli Who: ovvero 4 mods fotografati in prospettiva con dietro il Big Ben. Fecero poi uscire un EP per la Detour Rec. (che doveva uscire per Acid Jazz nel 1989) nel 1995 di pezzo jazzy R'n'B. Insomma qui si hanno autoprodotte e rigastrate ai prestigiosi Ranscombe Studios (per chi non lo sapesse una miriade di 90's band che facevano 60's soul/R'n'B/Freakbeat ha registrato li..) ben 13 pezzi ( anche se il CD riporta 12 ) che spaziano da R'n'B, al psych blues ( come la bellissima "Woman") fino ad arrivare al blue eye soul ( vedi "So sad" ). Sono una garanzia di professionalità e di gusto, sono i decani di tutte le Mod bands attuali ed io lo consiglio come disco che presenta le sonorità 60's Mod più bello dell'anno!!!

Scasso  14/10/2016


The Rifles - Big life - Cooking Vinyl Rec. - 2CD/2LP

In onda dal 2006 con il pesante fardello e l’onore dell’endorsement di Paul Weller, il gruppo inglese dei The Rifles torna con un nuovo doppio album: “Big Life”, quinto in studio. Un doppio cd con 18 tracce che sorprenderanno ancora una volta una fanbase fedele ed entusiasta che li segue ormai da 12 lunghi anni. Il disco è stato prodotto da Charles Reed nei Black Barn Studios di Londra, con la supervisione del collaboratore e mentore di lungo corso Paul Weller. Sorprende la lunghezza del prodotto presentato in un periodo in cui abbondano gli EP e la musica immediata, il sound è fresco e frizzante, un brit-pop classico, di gusto facile ed immediato per conquistare. Il buon livello medio dell’album raggiunge il top nella bella Numero Uno, affascinante nella sua trama, nella dolce Victoria, ed in Big Big Life che è ricca di chitarre lucide e tirate. Di grande rilievo la bellissima Motorway, il momento migliore di tutto il cd. La musica proposta dalla band inglese non è rivoluzionaria, ma di ottimo ascolto, un livello medio buono con le attenzioni maggiori da riservare ai brani già citati. Se volete un disco di ascolto facile e piacevole che faccia compagnia, questa è una scelta giusta.

Scasso  13/10/2016


The Spitfires - A thousand times - Catch 22 Rec. - LP/CD

Tornano, a un anno dall’esordio, gli Spitfires, giovane band inglese per cui molti in patria hanno speso elogi. Sulle spalle questi quattro giovani di Watford pesa, a detta di tanti, il destino della nuova musica mod e il paragone scomodo con i Jam. Il secondo disco, “A thousand times”, dimostra che al quartetto non manca il coraggio. Già il debutto, “Response” (numero 6 delle charts UK), era stato una piacevole “vecchia novità”: nel complesso, il primo degli Spitfires non diceva niente di nuovo, ma era qualcosa che non si sentiva da tempo. Con il nuovo lavoro, i quattro mostrano di aver fatto il salto, senza rinnegare anima mod e look impeccabile. Musicalmente, rispetto al più rude Response, A Thousand Times è la cesura che spezza il cordone ombelicale che legava Spitfires e Jam. Nel nuovo disco si apprezza un suono più maturo, meno urgente e che strizza l’occhio al brit pop e ai 60’s, grazie a esplosioni di tastiera rare solo 12 mesi fa. Sembra quasi un lavoro di Paul Weller al tramonto dei Jam, cui però occorsero un paio d’album interlocutori per tirar fuori un sound così rotondo dopo “In The City”. A voler trovare un difetto, salta all’orecchio la voce di Billy Sullivan, ancora troppo “welleriana”. D’altronde, però, il quartetto s’è guadagnato la stima della cultura mod attraverso la capacità di attingere a stili eterogenei, tuttavia ben armonizzati nel complesso, creando un sound del tutto personale. Un upgrade chiaro fin dalla titletrack, caratterizzata da un brit pop veloce confermato dalla successiva Last Goodbye, cui si aggiunge un intro di tastiera dai toni psichedelici. Un progresso esaltato in Day To Day, dove si nota l’influenza degli Ocean Colour Scene, per un pezzo che rievoca un brit pop primigenio, acido e diretto, con accenni a un rock-funk rabbioso. Pura energia l’assolo di chitarra e il crescendo finale, smorzato da Open My Eyes, ballatona che richiama sonorità brit più mature, enfatizzate da un coinvolgente sottofondo d’archi. Il disco torna su con On My Mind, il primo singolo. Si tratta di un vero inno giovanile: un mix di armonizzazioni di chitarra acustica e distorta, unite a una tastiera dal gusto 60’s, à là Booker T, red carpet per l’irrompere dei fiati. Intensità raddoppiata dal pezzo successivo, SoLong, manifesto della poliedricità del gruppo: si passa dall’incedere punk della strofa a sonorità più beatlesiane dell’inciso, fino all’esplosione power pop del ritornello e all’assolo di chitarra gallagheriano. Il potente basso che riempie l’ultima strofa sembra quello di BruceFoxton, giusto per ricordare che la scimmia dei Jam gli Spitfires non se la toglieranno mai dalla spalla. Un’esplosività di suoni che lancia la misterica I Don’t Even Know Myself, intenso pezzo beat (basso, batteria e chitarra incalzanti, tastiera dal gusto 60’s e trionfo di fiati in stile ska) che fa emergere l’introspezione di Sullivan, uno che non si pone inutili vincoli di scrittura. A conferma della libertà compositiva del gruppo dopo arriva The Suburbs (We Can’t Complain), il pezzo più acido dell’album. Una canzone che tratta di degrado urbano e dell’indifferenza che penetra il tessuto sociale, attraverso un sound ruvido in cui chitarre rabbiose si mescolano alla tastiera impegnata in suoni malinconici, sottolineando la precarietà della situazione descritta dal testo. Il finale è lanciato da Return To Me: sei minuti di ballata avvolti dal basso coinvolgente e dal riff di chitarra, per l’inedito tema amoroso. L’intermezzo è un pregevole duetto tra tastiera e archi, che dopo il solo di chitarra concludono sfumando il pezzo migliore dell’album. Si chiude con A Better Life, ballata dalle atmosfere dark. Un pezzo che completa un disco contraddistinto da un sound senza eguali. Per chi ama la musica brit è la migliore uscita del 2016.

Scasso  07/10/2016


Faz Waltz - Callin' Loud - Contra Rec. - LP/CD digipack

Mentre, nella prima metà degli anni ’70, il rock britannico, guidato dalla psichedelia e dai chitarristi virtuosi, entrava nell’età della maturità, una fetta del mercato discografico, e della vita notturna, ignorando queste evoluzioni, rimaneva orgogliosamente animata da band, con il seguito fedelissimo di fan, incastrate in un’eterna fase adolescenziale fatta di giornate a scuola e discoteche pomeridiane, pub e gradinate, gang e individualismo, scazzottate ed innocenza, innamoramenti ingenui e sveltine nei vicoli bui. Era lo spirito del rebel without a cause del rock’n’roll dei 50s che, filtrato attraverso l’esperienza del rhythm’n’blues britannico dei 60s, trovava nuovo linfa nel glam rock: pop art all’ennesima potenza, zero intellettualismi. Eredi di quest’epoca e di quest’etica, ed una delle migliori espressioni internazionali attuali del genere, tornano i brianzoli Faz Waltz con “Callin’ Loud”, loro sesto lavoro in studio. Come già nel precedente “Move Over” ed in parte anche in “Back On Mondo”, il trio esplora il lato più stradaiolo e meno arty del glam rock: se nei primi lavori era prevalente l’ascendente stilistico e tematico di David Bowie e dei T Rex, negli ultimi lavori sono molto più emergenti le influenze degli Sweet e degli Slade, così come quelle di formazioni minori come Jook e Hammersmith Gorollas. Ma quello che caratterizza i Faz Waltz e li distingue, ponendoli senza enfatizzazioni sopra la media delle altre band che in giro per il mondo ripropongono il genere, risiede nel fatto che, il songwriting di Faz La Rocca non solo accoglie un certo approccio power pop, ma innesta tutte queste influenze su un gusto ed una base tipicamente sixties, sia nel modo di cantare e modulare la voce (mi ricorda spesso Steve Marriott) sia, in generale, nelle soluzioni melodiche Kinks-iane, Yardbirds-iane o Beatles-iane.Il disco si compone di dieci brani –less is more- di rock’n’roll compattissimo e tosto: sezione ritmica quadrata e martellante, mai un assolo di chitarra ma solo riff classicissimi ed eterni, ritornelloni, cori a profusione e storie working class raccontate come le si potrebbe ascoltare raccontate da un diciassettenne che ha il mondo davanti ma non ha mai ancora superato l’angolo della strada del quartiere in cui è nato. Questo “Callin’ Loud” non è, concludendo, un disco per nostalgici di epoche passate e mai vissute, ma è un’opera fresca, viva, pop nel senso più vero e positivo del concetto, apprezzabile sia dal fanatico di oscurità rock’n’roll che vive per il concerto del weekend, ma anche da chi la musica la ascolta distrattamente in radio o, banalizzando, solo per ballare, bere e poi scopare il sabato sera.

Scasso  22/09/2016


Blues Pills - Lady in Gold - Nuclear Blast Rec. - LP gatefold/LP gatefold deluxe + CD + DVD/CD deluxe + DVD/CD

Prodotto ancora una volta da un ottimo Don Alsterberg (Graveyard, Division Of Laura Lee, José González, Jerry Williams) che lavora a suoni nitidi, caldi e avvolgenti, in puro stile classico, il disco può essere visto come un netto passo avanti rispetto a un esordio che aveva ampiamente convinto con il suo sound, sotto tutti gli aspetti derivativo delle grandi realtà rock/blues degli anni ’70. Anche in Lady In Gold è dato ampio risalto alla vocalità della bravissima vocalist Elin Larsson, sugli scudi per l’energia, il pathos e la grande intonazione che sa fornire ad ognuna delle tracce che compongono questa opera. Ascoltate a riguardo la ballad voce-piano-synth I Felt A Change, una delle più belle canzoni rock-bluesy soft e levigate ascoltabili in questo 2016, che è interpretata da lode dalla bionda cantante. Se sono invece il sottofondo ritmico e il grande groove ad opera di Zack Anderson (basso) e André Kvarnström (batteria) a farla da padrone in una canzone frizzante ed estiva come Bad Talkers, o nel grande ritmo di Rejection e nella coprosità tangibile della conclusiva Elements And Things, è giusto prestare grandi attenzioni alla chitarra di Dorian Sorriaux in canzoni più rock e ledzeppeliane come la eccellente Little Boy Preacher o You Gotta Try e Won’t Go Back, tracce nelle quali viene fuori tutto l’estro di questo musicista a suo agio nel riffing classico di questa release. Ben rappresentato dalla sua bellissima title track, Lady In Gold è una pubblicazione fondamentale per le collezioni degli amanti del revival rock/blues anni’70. Con esso, i Blues Pills si confermano una certezza e uno dei punti di riferimento di un movimento musicale che sta raccogliendo sempre più nuovi adepti in giro per il globo, anche tra le realtà nuove ed emergenti come questa.

Scasso  14/09/2016


G 91 - Into the Crowd - Mini CD Rec

Capitanati dal torinese Matteo Bertello in arte Matthew Berth, i G91 propongono un sound ruvido debitore in primis a quella che è indiscutibilmente la grande passione del suo leader: il brit-pop. Quattro brani più una intro, con lo zampino in fase di produzione di Alex Loggia degli Statuto (che condivide l'amore per queste sonorità sin dai tempi de Il Santo) e una formazione in trio essenziale ma con la giusta energia. In primo piano, ovviamente, la bella voce di Matthew, che sembra dare il suo meglio nell'unico episodio in italiano - il singolo "Vivere e nuotare"; "Embrace life", e "A song for you" si presentano come due power ballads dalla spiccata attitudine melodica (di marca gallagheriana, of course) e con dei suoni di chitarra curati e inusuali, mentre "John L." aggiunge un pizzico di jangle e un vago sentore di college rock, accoppiati a un coretto che entra piacevolmente in testa. Si tratta ovviamente di un esordio, e l'impressione è che, una volta scelta una strada tra l'inglese e l'italiano, i G91 possano crescere ancora, in particolare a livello melodico e arrangiativo; ma è altresì indubbio che questa prima prova presenti già un buon numero di punti di forza, che fanno ben sperare per il futuro.

Silvio Bernardi  07/09/2016


Tom Sheehan - Paul Weller Aim High - The FloodGallery Books - Libro

Tom ha avuto la fortuna di essere uno dei fotografi che lavorarono per la casa discografica CBS, cresciuto di livello e di professionalità, ha deciso di mettere a disposizione la sua esperienza come freelancer per più società, diventando in breve tempo anche il fotografo per Melody Maker. E' stato uno dei fotografi che hanno visto l'esordio di paul con i The Jam a Londra di supporto ai Clash e si rammarica ancora ora di non avere potuto scattare nemmeno una foto, le fece invece per l'esordio del loro terzo album nel '78 "All mod cons", quello che li avrebbe consacrati come astri del britrock di quegli anni e che avrebbe lanciato un genere musicale che ancora oggi molti chiamano Mod rock '79. Il libro è molto bello ed anche molto caro ( circa 68 euri con la spedizione inclusa ), è fatto in maniera molto professionale, quasi un "testamento" di un fotografo ad altri fotografi per intenderci; ovvero si hanno a ripetizione diverse foto dell'artista sempre con lo stesso look e nello stesso posto ma che per prospettiva e luce prendono forme diverse. Se pensavate fosse un libro con mille foto di Paul, vi sbagliate di grosso, ci sono sì moltissime foto, ma molte sono sequenze ripetute in maniera maniacale di uno stesso rullino fotografico. Il libro ' diviso in tre periodi: 1978/82 1983/1989 e 1996/2015 così da darci i tre momenti salienti della vita del Modfather, quello con i Jam, quello con gli Style Council e quello da solista (che per il sottoscritto risulta il migliore).Insomma ho cercato di darvi una direzione se volete intraprendere questo oneroso acquisto, il resto lo lascio a voi!!

Scasso  01/09/2016


Dani Llabrés - Esquelas Sonoras - Lenoir Ediciones - Libro

Dani è un avvocato di Valencia che per amore della sua compagna che chiama "La Garcia" vive a Bogotà (Colombia) dove lei ha vinto una cattedra d'insegnamento alla locale università. Ha sempre amato il Modernismo in tutte le sue più profonde sfaccettature, ma soprattutto la musica; nera o bianca che sia ed è un fanatico della vita dei cantanti e musicisti che furono la colonna sonora del Nostro movimento, ha maniacalmente analizzato la vita e la morte dei più famosi. Con Scuole Sonore (canto funebre per musicisti immortali), ha voluto omaggiare l'incredibile morte di quaranta tra i più grandi musicisti di tutti i tempi, non permettendo a questi di darci ulteriori perle create della loro musica. Ma veniamo al libro che fà più o meno così: "L'aereo di Otis Redding cadde in un lago, Elvis Presley ebbe un infarto a furia di mangiare sanwiches con burro di arachidi, Brian Jones affogo ubriaco in una piscina, Robert Johnson fu avvelenato con un bicchiere di whisky, Charlie Parker mori di un attacco di risa vedendo la tv, Marvin Gaye fu ucciso con tre colpi di pistola dal padre.....Scuole Sonore è un insieme di riflessioni, narrazioni e sogni sopra questo viaggio dall'altra parte della vita e molto più in là, protagonizzato da alcuni di quei soggetti facenti parte delle più grandi icone della giungla musicale. Con prologo di Alex Cooper e illustrato da sedici dei più grandi disegnatori del Nostro e di altri mondi musicali, tra i quali: Max Galli, Tete Navarro, Fernando Mirrors o Alex Barbarroja, vi presentiamo un viaggio eccitante tra i ghetti di Trench Town in Jamaica, gli appartamenti eleganti del quartiere di Chelsea a Londra, i sottopassaggi blu di Chicago e gli Hotels sciatti di fronte a Birdland del quartiere di Brodway a New York!! E' un libro che distilla passione per i suoni e devozione per i suoi compositori e rigetta in maniera totale qualsiasi connessione ad un giudizio morale; 40 sorsi di vita fanno si che la musica si spenga prima del tempo....."

Scasso  31/08/2016


The Bongolian - Moog Maximus - Blow Up Rec. - LP/CD

Quinto album del poliedrico polistrumentista angloegiziano Nasser Bouzida prodotto dal Paul Tunkin per la sua Blow Up Records, oramai ne è il cavallo di battaglia, assieme al suo primo progetto che tutti noi Mods ben conosciamo: Big Boss Man, praticamente è quello che non solo fà conoscere in giro l'etichetta discografica, ma che promuove anche la sua serata 60's Mod oriented che si chiama ovviamente Blow Up Club in auge oramai dal 1995 quando era attuato al Laurel Three Pub in Camden. Ma torniamo al prodotto: l'album ha una grafica di copertina stile "antica Roma", ma non fatevi ingannare perchè a parte la canzone:"Octavius" con l'intromissione di trombe annunciatrici che fanno da apri pista del pezzo, il resto è tutto un rullare di bonghi e "spruzzate cosmiche" di Moog come se piovesse. Insomma sono undici canzoni che ricalcano le atmosfere late 60's early 70's dei film spy ambientati sulla Costa Azzurra o nella nostra beneamata Riviera Ligure. C'è del latin brasiliano in: "Ritmo do Rio", ma poi anche della psichedelia stile "Swingin' London" in:"Londinium Calling", per passare poi dalla "007 style":"Aries and Scorpio" e dalla canzone molto "cinematografica" in stile John Barry:"Moog Maximus". Non riesco a dirvi di più: tutti i dischi concepiti da lui nei suoi due "progetti musicali" sono eccezionali e sono quindi da prendere a scatola chiusa.

Scasso  13/07/2016


The Dandy Warhols - Distortland - Beat The World Rec. - CD/LP

Le cose belle possono giungere dai posti più inaspettati. Questa è l’idea che frulla in testa dopo l’ascolto dell’ultima fatica dei Dandy Warhols, nono album della band statunitense guidata da Courtney Taylor-Taylor. Eppure tutte le previsioni giocavano contro il gruppo: la lontananza dai riflettori dell’hype (e non è detto che questo sia un male), quel profumo di meteora dopo il boom di quel singolo che-tutti-conosciamo uscito più di quindici anni fa (anche se la band ha continuato a registrare dischi, da allora), la formula di un pop rock di matrice anni Novanta difficilmente aggiornabile. Quanto serviva un nuovo disco dei Dandy Warhols, in un contesto come quello attuale, in cui il pop è sempre più spesso questione di groove, attitudine sexy spesso darkeggiante, e comunque sempre meno legata alle chitarre? Probabilmente poco. Eppure non si tratta di un disco inutile, nella misura in cui non si cerchi tra questi solchi il segno dei tempi in cui viviamo. Il rischio di un disco inservibile viene infatti superato in scioltezza: fin dall’attacco “in apnea” terribilmente british di: "Search Party" si percepiscono la voglia di divertirsi senza, per forza, cercare la zampata da classifica. Certo, una cosa va certificata: questo disco piacerà più ai nostalgici dei Nineties (e agli amanti di quell’indie da classifica che spesso fa capolino nella serate brit) che ai frequentatori del pop più moderno. C’è un senso di leggero nichilismo un po’ dappertutto, nella scaletta, ma viene mitigato da belle intuizioni: lo stop con arpeggio cristallino alla matassa di chitarre distorte e tastiere di Semper Fidelis, il pop in salsa leggermente electro di: "Pope Reverend Jim", i Pulp suadenti di: "Catcher In The Rye" (un riferimento a Salinger?), "STYGGO" con i suoi sapori di Metronomy rinforzati, l’ubriaca e caciarona: "All The Girls In London". Rispetto ai dischi precedenti, la confusione sulle strade da seguire è sotto il livello di guardia, nonostante una seconda parte di programma più libera e spinta dalla voglia di dimostrare di esserci ancora. Ma queste intenzioni non tolgono, semmai aggiungono, a un disco che fa benissimo il suo lavoro: essere una buona raccolta di brani che non scadono mai nella personale scaletta musicale.

Scasso  21/06/2016


VV/AA - Modernism - kent Rec. - CD

Sin dagli albori del modernismo i clubs hanno cercato il meglio della musica nera americana. Qui ci sono 24 tracce che avrebbero riempito dancefloor in qualsiasi momento nella storia del mod. Per alcuni l'iconografia della scena mod originale era come il richiamo delle sirene. A partire da circa 1978, ispirato alla prima ondata di successo dei Jam ed alla pubblicità intorno al film Quadrophenia, il primo di quella che sembra essere una serie continua di revival mod ha cominciato a prendere forma. Era uno sguardo indietro alle immagini mod popolari del 1965 e del 1966, quando il meglio dei primi gruppi mod britannici avevano sfondato. Nel giro di un anno,quando i Jam arrivarono in Top 10, ci fu un esercito di bambini in parka che frequentavano, non solo i loro concerti ma anche quelli di una sfilza di nuove Mod bands. Nel complesso, questa generazione era semplicemente troppo giovane per il punk, e più proiettata ad uno sguardo nel passato pronti a dar vita ad una serie di ulteriori nuove mod bands!!! Alcuni, ovviamente hanno voluto andare più in profondità. Essi hanno avuto la possibilità di conoscere collezionisti soul, ed hanno voluto far rivivere il suono dei club mod originali. Tra questi, i miei colleghi DJ Tony Rounce e co-compilatore Ady Croasdell, che con Randy Cozens mettevano i dischi all'Influence 6TS Rhythm 'n' Soul Club con una politica di musica che comprendeva una miscela di soul, R & B e quant'altro poteva funzionare. In particolare Randy che essendo stato nei mod clubs originali nei 60's fu evangelico nel compilare una lista di 99 dischi Mod che si suonarono nei clubs. Subito questa lista sembrò non sortie l'effetto sperato, ma ci fu un ragazzino di 16 anni, un fan dei Jam, tale Eddie Piller che scrisse queste parole:"appena vidi la lista di Randy feci di tutto per recuperare quei dischi", creando così il suo proprio Mod club. Eddie, come molti come lui, aveva iniziato a guardare al di là delle mod bands revival, andando a scovare i suoni originari e quando il revival mod iniziò a sbiadire, ci fù una rincorsa a scoprire tutto ciò che fu originale Mod. Iniziarono quindi a nescere clubs con ragazzi giovanissimi vestiti sartorialmente, clubs come il "The Snickers". Pochi possono attuare una sorta di collegamento con la scena mod e le canzoni che sono state scoperte avrebbero nutrito di nuovo la nascente scena mod dei 90's. Oggi, i club come il Pow Wow con i suoi dj Mik Parry e Gav Arno prendono tutto questo con la sua logica estrema, ovvero la riproduzione di tutto: dal soul, 50 R&B, jazz e latin al proto-funk. E' quasi certamente la musica che i mods originali avrebbero ballato, se solo avessero potuto entrare in possesso dei 45 in un'epoca in cui le importazioni erano quasi impossibili da trovare nel Regno Unito. in questo CD vi vogliamo proporre quello che si ballò nel miglior e più eclusivo Mod club degli anni 80 e vedrete che queste canzoni sono ancora attuali e non hanno perso lo smalto e la grinta originali.

Scasso  10/06/2016


The Last Shadow Puppets - Everything you've come to expect - Domino Rec. - CD/LP

La storia del rock è costellata di collaborazioni importanti. È il caso dei Last Shadow Puppets, un duo, una band, o come diavolo la volete chiamare, che mette insieme due nomi pesanti della scena inglese, e che, per quei miracoli che a volte succedono ma molto più spesso no, portano a un innalzamento esponenziale del loro potenziale, dando vita a una vera e propria bomba. I nomi sono Alex Turner, frontman degli Arctic Monkeys e Miles Kane un tempo leader dei The Rascals e prima ancora chitarrista dei Little Flames, coadiuvati per l’occasione da Zach Dawes dei Mini Manions al basso e dal produttore James Ford alla batteria. Il risultato è quello che tecnicamente si può definire un super gruppo indie rock. Dopo essere nati alla metà degli anni Duemila, con una collaborazione che portò alla pubblicazione del loro esordio The Age of Understatement, un gioiello di pop anni sessanta, a metà strada tra Serge Gainsbourg e Scott Walker, e dopo essersi persi a più riprese e trovarti per quasi dieci anni, Alex e Miles si sono uniti in maniera più concreta sul volgere del 2015 con il nuovo album Everything You’ve Come to Expect, fresco di stampa. Un album che, lo diciamo subito, è di quelli che non solo si fanno ascoltare con piacere, ma rischiano di finire già da ora nelle classifiche delle migliori uscite dell’anno. Questo a discapito di una sorta di deja vu che, a orecchi disattenti, potrebbe suonare come qualcosa di poco originale. Il fatto è che Turner e Kane giocano a carte scoperte, dichiarando riferimenti e padri nobili, andando a comporre una tracklist che pretende, riuscendoci, a uscire dal 2016 per finire direttamente in area classici, pur rimanendo perfettamente attuale. Turner è cresciuto con i Teenage Fanclub in testa, non è una sorpresa. Lo hanno fatto in tanti, in Inghilterra, del resto, e questo ha regalato alla band di Glasgow un’aura di mitologia poco riconosciuta qui da noi. Di conseguenza, con la musica che proviene dalla costa occidentale degli Stati Uniti, leggi alla voce California: Beach Boys, leggi alla voce Brian Wilson. Non basta, ovviamente, perché Turner e soci amano anche picchiare duro, quindi metteteci un pizzico, anche più di un pizzico, dei Television di Tom Verlaine. E siccome un po’ di croonerismo, oggi come all’esordio, non lo si nega a nessuno, ecco ancora l’ombra scura e malinconica di uno Scott Walker, già celebrato dagli stessi Last Shadow Puppets come da David Bowie, in tutta la carriera e in particolare nell’ultimo Blackstar. Ecco, con in mente questi nomi e con in più una freschezza e una sfrontatezza (specie nei testi, spesso piuttosto sboccati) tipicamente british, i brani di Everything You’ve Come to Expect si candidano a passare lungo tempo nelle nostre autoradio. Su tutte, ma solo perché fare qualche titolo usa, nelle recensioni, il brano cui è affidata l’apertura, Aviation, The Dream Synopsis e ancora Bad Habits, ma c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Chiaro, le aspettative aperte dall’esordio, datato 2008, sono state altissime e la lunga attesa poteva far sperare in qualcosa di più, ma stavolta Turner e Kane hanno deciso che il pop barocco degli anni Sessanta non sarebbe stato il solo leit motiv di questo lavoro, spostando anche alla decade successiva lo sguardo.

Scasso  07/06/2016


Paul Hallam - Odds & Sods - SEE-W Publishing - Libro

Nato a Staines nel 1965 Paul J Hallam ha scoperto la scena Mod nel 1980. Più tardi scoprì una vecchia macchina fotografica Olympus Trip dei suoi genitori che gli permise di fare foto in bianco e nero nei vari clubs della capitale. Bene, il risultato è stato 100 fotografie che documentano la scena Mod fino alla fine del 1985. Negli anni '80 Paul è stato dj di Soul e R'n'B, nel 1990 fu resident DJ al 100 Club giusto quando emerse la Britpop Mod Era ed ora lavora a BBC Radio London con Robert Elms. Riportiamo qui alcune parole dell'autore del libro che ci descrivono a grandi linee il suo punto di vista:"Sono stato veramente un ragazzo della periferia, sicuramente non uno delle star della "Scena", nemmeno uno di quelli che si fanno notare subito. Penso semplicemente che per quegli anni ero il più giovane e sono abbastanza sicuro di questo, forse c'erano altri ragazzi più o meno della mia stessa età, ma nessuno completamente ossessionato dalla "Scena" come me. Mio fratello era un Mod, è stato uno dei classici "Revival's Mod" adottando un look non come quello degli eleganti Mods dei mid 60's ma piuttosto buttandosi nel punkpop di bands come: Jam, Secret Affar o Purple Hearts. Se ascoltava qualcosa di 60's music al massimo erano i classici di soul, northern o blue bit ska, ma nulla più, c'erano troppi concerti e avvenimenti in quegli anni e lui si spostava col suo gruppo di Paddington's Mods da un pub all'altro. Mi portò in giro per il centro di Londra: Soho, Carnaby Street, Wardour Street ed a parecchi eventi pomeridiani Mod. Io ed altri ragazzini che come me avevano un fratello o una sorella nella scena eravamo i "piccoli" della Paddington Mod Crew!! Vivere in periferia in quegli anni fu molto turbolento a causa dei disordini razziali con gli immigrati ed il loro difficile inserimento nei quartieri ed anche per la dura crisi economica che stava nascendo in quegli anni, i ragazzi erano violenti a volte alienati si sentivano allo sbando con un grosso senso di disagio, ma io amavo tutto ciò. Per avere più confidenza in me stesso divenni un frequentatore del centro di Londra un "Londoneer Central" ed iniziai a farmi moltissimi amici della nascente Scena Mod. Fui a diversi concerti in quegli anni all'Electric Ballroom di Camden o al Clarendon di Hammersmith o al Market Tavern on York Way, e vidi bands come i Long Tall Shorty, Fast Eddie o Small World, questo libro racconta di quegli anni e di come io vivetti la scena Mod; con un giovane Paul Newman (ex Clique, Knave ed attuale Blues Flames) e un'altrettanto giovane Eddie Piller!!"

Scasso  19/05/2016


The Excitements - Breaking the rule - Penniman Rec. - LP/CD

Nel film The Commitments, diretto da Alan Parker, c’è una famosa frase con cui Jimmy Rabbitte, (il manager del gruppo che da il titolo al libro/film) cerca di convincere i musicisti da lui raccolti nei modi più disparati, a diventare fervidi adepti del culto della soul music: “Gli Irlandesi sono i più negri d’Europa, i Dublinesi sono i più negri di Irlanda e noi di periferia siamo i più negri di Dublino, quindi ripetete con me ad alta voce: “Sono un negro e me ne vanto!” E se a qualcuno allora poteva sembrare strano, ma non più di tanto in realtà, di trovare (sia pure sugli scaffali di una libreria o al cinema) un gruppo a Dublino che voleva diffondere alle masse il verbo del soul, cosa si può pensare di un gruppo formato da 7 elementi, capitanato da una ragazza arrivata direttamente dagli anni 60, Koko Jean Davis, (impressionante la sua somiglianza con una Tina Turner giovane), e che viene dalla…Catalogna??? Tutto quì fa pensare agli anni 60: la grafica vintage della copertina, la registrazione rigorosamente in mono, e persino il nome dell’etichetta che ha sede a Barcellona: Penniman, ovverosia il vero cognome di quel genietto del rock e della black music che è stato Little Richard. Questo gruppo si chiama The Excitements: due chitarre, due sassofoni, basso e batteria con pianoforte e tromba a fare capolino spesso e volentieri. Si formano nel 2010 grazie all’incontro di due appassionati di soul e rhythm ‘n’ blues, Adrià Gual (chitarra ritmica) e Daniel Segura (basso), che raccologono altri adepti alla causa del soul e riescono a fare bingo grazie all’incontro con l’incredibile talento vocale e la devastante presenza on stage della piccola ma inarrestabile Koko Jean Davis, nata in Mozambico, cresciuta negli States e vissuta in Brasile prima del fortunato approdo in Catalogna. Il loro esordio di sei anni fa era stato notevole per gli appassionati di black music, non solo per la notevole abilità strumentale dei catalani (nemmeno il più grande esperto di soul music avrebbe mai potuto scommettere un centesimo sulle origini catalane della band semplicemente ascoltando il loro sound), ma perché andava a stuzzicare la conoscenza enciclopedica del soul andando a ripescare brani misconosciuti o meravigliosamente celati come la dolce Never Gonna Let You Go del già citato Little Richard oppure Let’s Kiss And Make Up dei Falcons e l’r’n’b della From Now On di Nathaniel Mayer. Ora escono con il loro terzo lavoro quasi interamente scritto dalla cantante e dal loro chitarrista, che propone un soul con forti venature di funk condito quà e là da dosi massicce di R'n'Blues. Sono 12 canzoni che vi rimarranno nel cervello e ve lo martelleranno all'infinito, percui io vi dico di comprarlo perchè di tutte le realtà soul questa band è quella che lo ha lavorato di più e ne ha sofferto ed amato il valore di crescita sia nelle loro composizioni che della loro professionalità!!

Scasso  22/04/2016


VV/AA - New Breed Workin' (Blues with a Rhythm) - Kent Rec. - CD

Questo è il sesto volume della saga dedita al deep R'n'B, con un terzo di singoli inediti qui' si è cercato di trovare una vena molto New Orleans. Con ben 24 tracce di puro rockin' e soulful Rhythm and Blues, questo si prospetta come il filone più seguito dalla scena Mod contemporanea Londinese e non. Devo dire che ne sono rimasto positivamente colpito è tutto R'n'B molto ballabile e di gran ritmo. Si Inizia con Danny White e la sua: "The twitch" per passare alla potente "My baby's gone" di Pee Wee Foster ed al blues profondo di Roosevelt Powers con:"Cruel World" ed al classic soul di Big Charley & The Domans con:"I can't even enjoy my home". Insomma una grande varietà di suoni blues per appassionati e cultori del genere. Io lo consiglio vivamente a tutti i giovani Mods perchè è assolutamente da avere come tutti i CDs di questa collana della ACE Records!!

Scasso  12/04/2016


VV/AA - Rare Mod vol. 6 - Acid Jazz Rec. - LP/CD

E' uscita anche questa 6ta edizione di Rare Mod, dove praticamente si cerca di scovare oramai (ed a volte devo dire anche con scarso successo), chicche nascoste o lasciate nel "dimenticatoio" degli "archivi musicali" di qualche produttore o casa discografica londinese. Sono in questo caso 17 canzoni che spaziano musicalmente dal freakbeat al British R'n'B passando anche da alcuni pezzi soul ed uno di ska, di bands famose o semi conosciute che furono parte dell'ondata Mod creata dal fenomeno pop di Carnaby Street. Diciamo che i suoni non sono malaccio, anche se non potete aspettarvi grandi eccellenze sia dal punto di vista del suono (alcuni sono acetati conservati in maniera impropria dai rispettivi proprietari), sia dal punto di vista compositivo. Praticamente, per onore ad Eddie Piller ed i "suoi ragazzi", che comunque si sbattono in mmaniera non indifferente descriviamo questo prodotto della Acid jazz, come "compensativo" per chi come il sottoscritto ha quasi tutto lo scibile umano dal punto di vista della discografia 60's Mod essenziale e non!!! Insomma una discreta compilation per chi vuole avere tutto e si sta annoiando in questo periodo di magra dal punto di vista di uscite discografiche facenti parte del nostro panorama musicale!!

Scasso  17/03/2016


Kula Shaker - K 2.0 - Ada UK Rec. - CD/LP

Dopo sei anni di silenzio torna sulla scena la storica formazione inglese dei Kula Shaker con il nuovo “K 2.0”. In piena era brit-pop riscoprirono la psichedelia misticheggiante. “I Kula Shaker sono l’ultima grande band eretica del rock britannico”. E’ così che Paul Moody, giornalista britannico di The Guardian, descrive la storica band capitanata da Crispian Mills. Il mix di riff psichedelici, idee esoteriche e misticismo orientale dei Kula Shaker fu uno vero e proprio schiaffo in faccia all’ortodossia del britpop negli anni ’90. Vent’anni dopo l’uscita del disco multiplatino “K”, il nuovo album propone un sound rivisitato, con una nuova carica e pieno di energia. “K 2.0” – registrato tra Londra (State Of The Ark) e lo studio belga del bassista Alonza Bevan – schiaccia l’occhio a tutto ciò che va dal voodoo gospel (“Let Love B (with U)”) ad Ennio Morricone (“High Noon”), passando per il freak folk (“33 Crows”). E’ come se il nuovo album chiudesse un cerchio, lanciando uno sguardo al passato: l’opening track “Infinite Sun”, per esempio, è l’adattamento di un vecchio mantra che la band era solita proporre quando Crispian e soci avevano diciannove anni e si esibivano ai festival di strada. Il nuovo album è composto da 11 irresistibili brani che emanano vitalità e forza fotografando una band elettrizzata di suonare di nuovo insieme. “Quando stiamo suonando tutti insieme in una stanza, è una sensazione imbattibile” dice a tal proposito il batterista Paul Winter-Hart. Beh che dire di più, il loro quinto album parla per loro......

Scasso  22/02/2016


Cooper - Popcorner (30 anos viviendo en la era pop) - Elefant Rec. - CD/2LP

Questo che avete tra le mani è il giusto tributo ad Alex Diez Garin; che fu il leader dei "Los Flechazos" e da quindici anni ci fà sognare col suo progetto pop/mod chiamato: "Cooper". Probabilmente uno dei leaders più rappresentativi della scena Mod spagnola. Il suo suono, le sue canzoni e le sue immagini fanno parte di diritto della storia della scena pop di quella terra. Inizia ora un nuovo progetto; un doppio vinile che butta uno sguardo sui tempi passati, ma che non si sofferma nostalgicamente e tira diritto con altrettanti suoni nuovi, come Alex Cooper (per l'appunto). Ereditiere diretto di grandi bands come i "The Kinks" o i "The Jam"; con l'energia delle sue chitarre e la luminosità della sua melodia che hanno sempre cullato lo spirito pop degli anni 60, assieme alla sua forma di cantare e la personalità con cui affronta la composizione delle canzoni, lo hanno reso uno tra i più grandi riformatori di quei suoni immortali che vanno dal beat al soul; in definitiva è un pioniere pieno di classicismo. Ora Alex ripassa attraverso 15 temi emblematici dei Flechazos e 7 di Cooper con in più 2 canzoni inedite. Si hanno quindi i suoi 30 anni di traiettoria musicale con canzoni come:" Suzette, Viviendo en la era pop, La reina del muelle, En el club, oppure:"La chica de Mel", senza dimenticare il meglio del suo repertorio dell'ultima decade come:" Buzo, Rabia e Entre girasoles" e due nuove canzoni quali: "El asiento de atrás" e "No quiero recordarte". Nel CD il libretto o nell doppio LP stampato nelle pagine gatefold tutta la storia della sua vita di artista ed il perchè ha voluto inserire nella sua opera proprio quelle canzoni e non altre; si hanno anche foto inedite per un doveroso omaggio ad uno degli artisti più grandi della scena pop iberica.

Scasso  18/02/2016


Jane J's Clan - Step into the groove - Ammonia Rec. - CD

Dopo il disco d’esordio Enough Is Enough, arriva il secondo capitolo in casa Jane J’s Clan, Step into the Groove, uscito il 20 novembre perAmmonia Records. Undici tracce per la band trascinata dalla carismatica Jane Jeresa, tra inediti e rivisitazioni di brani soul e funk che vedono Stefano Di Niglio, Geno De Angelis e Gabriele Bernardi con l’aggiunta della sezione fiati dei SoulRockets di Olly Riva alle prese con un disco frizzante. A farci strada nel mondo di Jane J’s Clan la strumentale La Banda Paradiso, subito a seguire la title track, la direzione intrapresa dalla band è cristallina, funk, soul e R&B sono la matrice del disco. L’album gira che è una meraviglia, suonato divinamente e senza sbavature, la musica black ne è la padrona e Jane, la sua portavoce, conThinkin’ of Yo, o ancora con Rock’n’Roll Stuff, affonda le radici negli anni 60’ e 70’. Semplicemente divina è Back in Your Arms, la bravura dei quattro è indiscutibile; lo stile è unico in It’s Not Right mentre l’hammond, la batteria e il basso sono al servizio della voce profonda di Jane che si cimenta nella cover di In The Basement di Etta James senza scimmiottarla e convincendo alla grande con Do Your Thing. Chiudono in bellezza con un tris di cover: Baby Don’t You Weep, Let’s Wade in the Water, Just Dropped in (To See What Condition My Condition Was In) prima di lasciarci con tanto di nostalgia per quegli anni magici per la musica black and soul. Altissima la qualità di questo album, una formazione di caratura internazionale gli Jane J’s Clan, che sfornano un disco d’altri tempi, promossi a pieni voti, anzi eletti direttamente maestri del genere, da loro si può solo che imparare.

Scasso  10/02/2016


Giuda - Speaks Evil - Rockit Rec. - CD/LP

Osservando ultimamente il tamarrissimo double denim che ti sbatte in faccia sul palco Lorenzo Moretti, chitarrista ma anche (seconda) voce, produttore e autore di tutti i pezzi dei Giuda, scatta immediatamente il collegamento con un altro tamarrissimo, e quasi iconico, double denim della storia del rock’n’roll: quello degli Status Quo. Introduco con questo dettaglio con la certezza che non è insignificante: il look, per Lorenzo e i Giuda, non è mai stato né secondario né, al contrario, fine a se stesso, ma, allo stesso modo del sound compresso della batteria, delle chitarrone e dei testi, per loro è sempre stato l’essenza di quello che sono e che vogliono esprimere, parte dell’immaginario di cui sono appassionati, ricercatori e interpreti. E la citazione estetica degli Status Quo anni 70. Con il terzo, attesissimo album, quello che potremmo definire “Giuda sound” fa un passo in avanti, distaccandosi definitivamente dal (proto)punk degli esordi ed approfondendo gli elementi boogie e tendenzialmente hard che già erano presenti, in luce, in “Let’s do it again”. Pezzi come il singolo “Roll The Balls”, “Bad Days Are Back”, “Watch Your Step” e “You Can Do Everything” sfiorano la perfezione se paragonati ad un certo tipo di rock’n’roll, crudo ma ben prodotto, che si affermò, dai pub, ai club, fino a Top Of The Pops, alla metà degli anni ’70 tra la Gran Bretagna e l’Australia: ascoltandoli non possiamo fare a meno di figurarci le brutte facce di Phil Lynott dei Thin Lizzy, di Brian Johnson degli Ac/Dc con i suoi Geordie, della Gang di Ted Mulry. Ma anche “My Lu”, “It Ain’t Easy” e “Joolz” (queste ultime entrambe cantante interamente da Lorenzo), se da un lato è effettivamente difficile immaginarcele all’interno dei loro precedenti lavori, sarebbero di certo schizzate alte in classifica quarant’anni fa, con il loro approccio pop levigato ma incazzoso, con le loro melodie che attingono a piene mani dai Beatles, dagli Small Faces e dalle miriadi di band semisconosciute del cosiddetto bubblegum rock. E se a livello di sound l’evoluzione balza subito all’orecchio, “Speak Evil” si discosta dai suoi due predecessori anche da un altro punto di vista e qui si osserva il reale progresso della band, quello dei contenuti. “Speak Evil” è un album maturo che, pur non perdendo quella sfrontatezza ormai marchio di fabbrica del quintetto capitolino, non racconta più le scorribande di un “Teenage Rebel”: niente più riferimenti al football e niente più ritornelloni arroganti alla Gary Glitter. Niente più di quell’impostazione “Ramones-iana” del disco composto da dieci brani-dieci hit. “Speak Evil” è, al contrario, un blocco unitario, granitico, compatto e coerente in se stesso, che racconta una storia proletaria letta dagli occhi di cinque giovani uomini. E i pezzi che, concettualmente, ne rappresentano il cuore parlano, infatti, di un “Working Class Man” che sputa il sangue tutto il giorno per il bene della sua famiglia e di una “Mama” che “Got the Blues”, perché fa del suo meglio per tenerla unita, quella famiglia. Menzione speciale per il brano che chiude il disco, il glam dagli spiccati accenti funky di “Bonehead Waltz”: chi non lo apprezza lo definirebbe sconclusionato, spaventoso quasi, mentre chi sa coglierne lo spirito ci trova dentro, frullata, la follia e il genio dei Black Sabbath e dei T Rex, ma anche gli oscuri Jooks, che si fecero notare, fugacemente, nei seventies per una serie di singoli tra il glam e la disco a tema casual. Poco altro da aggiungere su uno dei migliori non solo a livello nazionale, ma europeo album di rock’n’roll: è pop pulito, di quello che te lo balli alla grande ma, allo stesso tempo è cattivo e prepotente, di quello che ti fanno sentire fiero di avere in Italia una band così.

Scasso  27/01/2016